Recensione: Meddle – Pink Floyd

MEDDLE (1971)

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Tracklist:

1 – One of these days

2 – A pillow of winds

3 – Fearless

4 – San Tropez

5 – Seamus

6 – Echoes

Nella storia della band:

L’album viene preceduto da Atom Heart Mother con il quale i Pink Floyd avevano introdotto per la prima volta una suite in un loro album. L’uscita di Meddle fu anche accompagnata dalle registrazioni da parte della band del celeberrimo Live at Pompeii in cui furono eseguite le tracce più rinomate dell’album (One of these days e Echoes divisa in due parti), inoltre sul finire del 1971 i Pink Floyd erano già impegnati nella scrittura dell’album che avrebbe segnato la loro consacrazione al grande pubblico e l’inizio del raggiungimento della fama della quale ancora ora godono (Dark side of the Moon).

L’album:

Rispetto ai loro lavori passati si può inoltre sottolineare come Meddle somigli per struttura ad Atom Heart Mother, ma aggiunga nei contenuti quelle tecniche legate al rock psichedelico che erano state trascurate nell’album precedente.

La copertina raffigura un orecchio umano su sfondo verdeggiante che fa già intuire l’atmosfera cupa dell’album che per questo si differenzia dal precedente anche in termini di presentazione generale tramite la copertina.

Le Tracce.

1- One of these days (uno di questi giorni):

La traccia viene introdotta dal suono del vento e dall’ingresso con un ritmo aggressivo del basso di Waters. Il basso rappresenterà il tema principale della canzone e sarà accompagnato in un crescendo dalla chitarra di Gilmour, la batteria molto decisa di Mason e le tastiere di Wright. La traccia con la folata di vento iniziale e quella finale, che la collegherà con la successiva A pillow of winds, ricorda molto una tempesta.

Va anche ricordato che il basso di Waters nella canzone è collegato ad alcuni effetti che Gilmour utilizzava sulla sua chitarra e dal chitarrista la canzone è stata definita come quella in cui ci sia stata più collaborazione tra i membri della band in fase di composizione.

La canzone è diventata celebre in Italia come “la sigla di Dribbling”.

2 – A Pillow of Winds (un cuscino di venti):

La traccia si collega alla precedente grazie al soffio di vento, soffio che è richiamato anche dal titolo. La canzone si propone con sonorità soffici prodotte dalla chitarra e dalla voce di Gilmour.

Anche leggendo il testo nel caso l’ascolto non bastasse si intuisce come il brano rappresenti la calma dopo la tempesta di One of these days e anche come sia come una sorta di oasi luminosa avvolta dalle tenebre, la traccia risulta per questo quasi in contrasto con il contesto di tutto l’album, si riconoscono inoltre ancora le influenze del precedente album del quartetto londinese richiamando alla memoria la canzone If.

Il pezzo si contraddistingue nella sua composizione per  il testo che sembra parlare d’amore, il che è abbastanza insolito per i Pink Floyd di questo periodo. Mentre sempre dal lato compositivo ed armonico il brano ha in sé una struttura tipica utilizzata dai Pink Floyd cioè il contenere un accordo di MI minore con l’aggiunta della nona nella sua parte centrale, inoltre il brano acquisisce la sua funzione emotiva non cambiando tonalità (che resta sempre in MI) ma tramite un intelligente cambio nella sua parte centrale, in corrispondenza del verso  “and the candle dies” )e la candela muore), da una tonalità maggiore dell’accordo ad una minore con un successivo ritorno alla tonalità maggiore. In questa chiave di lettura il brano trasmette ancora di più l’immagine di una candela che lotti contro l’oscurità che la circonda ed il vento, cercando con quest ultimo di entrarci in armonia e farsi cullare.

3 – Fearless (senza paura):

La traccia arriva come l’alba dopo la notte  nella precedente ha tanto spaventato si distingue per un solido connubio tra la voce e la chitarra.

Alla fine della canzone si può udire la registrazione del coro “You’ll never walk alone” adottato da varie tifoserie inglesi, nello specifico il coro viene cantato dai tifosi del Liverpool durante un derby contro l’Everton. Va ricordato che però il Liverpool non è la squadra tifata da Gilmour e Waters che hanno scritto la canzone, bensì loro dichiarano di avere nel cuore il team londinese dell’Arsenal.

4 – San Tropez:

(Il video incorporato è una cover realizzata dall’utente di YouTube San Straub)

La traccia in questo caso si distacca dalle precedenti sia per quanto riguarda la sua composizione che le trame. E’ una traccia che risulta essere l’avanguardia di quello che poi sarà il successo dei Pink Floyd ed anche il loro futuro metodo di lavoro; infatti la composizione della canzone è attribuita solamente a Roger Waters (come poi a lui saranno attribuite le idee di Animals e The Wall) questa composizione in solitario del bassista si denota anche nello svolgimento della traccia che risulta priva di contenuti tecnici o originali (fatta esclusione per l’assolo finale di Wright) appoggiati su un ciclo di accordi.

Un altro aspetto che dà la possibilità di caratterizzare la traccia come avanguardia poiché nel testo è intrinseca una critica, seppur in modo molto ermetico, alla società contemporanea.

5 – Seamus:

Dopo l’atmosfera vacanziera suggerita da San Tropez i Pink Floyd decidono di cimentarsi in qualcosa di molto originale, che restituisce freschezza all’album. La traccia si chiama in questo modo perché Seamus era il nome di un “membro aggiunto” della band, precisamente del cane i cui ululati si uniscono alla mirabile jam Blues in cui risaltano la chitarra acustica di Gilmour e un’eccellente piano di Wright.

L’esperimento fu anche ripetuto nel Live At Pompeii dando vita ad una versione molto alterata della originale Seamus denominata Mademoiselle Nobs.

6 – Echoes:

Questa volta i Pink Floyd decidono che la suite ricoprirà l’intero lato B del vinile venendo per ultima nell’ordine. Per la complessità di questa Opera sarebbe possibile scrivere davvero molto a riguardo.

Si potrebbe iniziare dagli aspetti legati alla composizione dicendo che la canzone è composta di parti separate composte in modo separato dai singoli artisti e poi assemblate in modo superbo, ogni strumento in questo modo sembra avere la sua parte supportato in modo brillante dagli altri. Il titolo è qualcosa che deriva dalla sua introduzione, una nota di SI in delay che richiama alla memoria l’eco di un sonar.

Trattando della canzone in sé è possibile dividerla in due macro-sezioni (come originariamente volevano fare i Floyd chiamandole “The Son of Nothing”  “Return of the Son of Nothing”) come è anche stato fatto nel Live At Pompeii.

The Son of Nothing:

La traccia inizia con un elegante climax partendo dal SI del piano di Wright a cui pian piano si aggregheranno gli altri strumenti, in ordine la chitarra di Gilmour ed il basso di Waters e la batteria di Mason. A questo punto con il moltiplicarsi degli echi uditi sembra di trovarsi di fronte alle divisioni meiotiche di un ovulo fecondato e pronto a dare al mondo un’individuo, la Composizione prende vita. All’arrivo del cantato (di Wright e Gilmour) la canzone sembra produrre una vera e propria primavera di sonorità, inizia ad agitarsi e a danzare nei padiglioni uditivi e nella mente dell’ascoltatore supportata da un impeccabile assolo di Gilmour (diverso nella versione di Pompei e in quella presente in Meddle). Le percussioni e le tastiere permanenti nella parte successiva sembrano quasi dare l’idea di questa creatura magnifica e dell’agitazione che provoca ad un ascoltatore in grado di apprezzare, il ritmo sembra quasi scandire il battito accelerato del cuore di chi scopre l’amore di tutta una vita.

Return of the Son of Nothing:

La splendida creatura partorita dai Pink Floyd, però al culmine della propria danza, ha bisogno di prendere fiato. Ecco che utilizzando la chitarra di Gilmour come tramite si fa largo un’atmosfera pacifica, marina, con dei gabbiani che si possono sentire in lontanaza. Ecco che allora si percepisce di nuovo quell’eco che assieme a Mason e Waters fa risalire il ritmo della canzone, lentamente. Ecco che la creatura dopo aver riposato al suolo si rimette in piedi e torna a danzare con vigore rinnovato e doppio del precedente, ecco ritornare il coro di Gilmour e Wright che dà inizio ad una parte ancora più agitata della precedente per poi concludersi in un climax discendente con un coro dalla scelta molto fine da parte del gruppo, un coro che segue la Scala Shepard, la creatura dei Pink Floyd a questo punto svanisce e così come era svanita lascia un suono di echi.

Echoes dei Pink Floyd si distingue quindi non solo da un punto di vista compositivo come dimostrazione di grande tecnica sia collettiva che individuale ma anche per il profondo significato che riesce a trasmettere sia tramite scelte melodiche che il proprio testo. La Canzone inizia in modo flebile, sembra porsi e fare in modo che l’ascoltatore si ponga delle domande sulla genesi e sulla vita, come in parte anche le tracce precedenti dell’album nei loro vari collegamenti, la canzone inizia a diventare più forte a convincere che la vita sia qualcosa di ciclico per cui si nasce e si muore, questa interpretazione è anche supportata  dall’utilizzo della Scala Shepard che presuppone la partenza da una tonalità ed il ritorno a quella tonalità. Anche l’atmosfera marina donata all’Opera dai gabbiani nella fase del primo climax discendente e dall’eco che ricorda il sonar di un sommergibile dà molto a pensare all’acqua, simbolo della vita.

VALUTAZIONI FINALI:

Meddle rappresenta l’addio dei Pink Floyd alle sonorità prettamente psichedeliche e lo fa in modo concreto e solido, portando avanti il tema di domande profonde che ogni essere umano si pone, il tema delle insicurezze, i momenti di debolezza in cui non si ha la forza per essere solidi come lo si era all’inizio e dei momenti di rinascita. Per queste ragioni oltre a quelle tecniche l’album sembra essere la summa di tutta l’esperienza psichedelica dei Pink Floyd, segna l’addio con la figura di Syd Barrett e l’inizio della “direzione Waters”.

A cura di Antonello Luongo